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Un fine settimana a Berlino: Kantei Kai e visita al Samurai Museum – 25 e 26 Marzo 2023

di F. Marinelli e G. Venier

Su invito di Peter Janssen, curatore del Samurai Museum di Berlino, e di Eckhard Kremers, presidente della N.B.T.H.K. European Branch, l’associazione italiana per lo studio e preservazione della spada giapponese I.N.T.K. e la N.B.T.H.K. Italian Branch hanno partecipato a un Kantei Kai che si è tenuto a Berlino il 25 Marzo 2023. Il giorno seguente è inoltre stato possibile visitare la nuova sede del Samurai Museum.

Il Kantei Kai era un evento virtualmente riservato ai membri delle Branch N.B.T.H.K. e della Great Britain Token Kai, tuttavia in questa occasione sono stati gentilmente ammessi anche i membri della I.N.T.K. È stato un piacere poter condividere la nostra passione e potersi confrontare con vecchi e nuovi amici provenienti da tutta l’area europea e desideriamo dunque ringraziare Peter Janssen e il presidente Kremers per l’invito e l’impeccabile organizzazione di questo evento.

Sabato 25 Marzo alle 13.30 ci siamo recati al Centro di Ricerca (dislocato nella vecchia sede del Samurai Museum, che mantiene ancora in esposizione centinaia di opere di alto livello) presso Clayallee 225 D – 14195 Berlino. Fatte le registrazioni e presentazioni del caso, la sessione di studio è iniziata verso le ore 14.

Nei primi 45 minuti lo studioso Thomas Schirrwitz ha tenuto una lezione sul fabbro Kinjū (Kaneshige), con l’aiuto di slide e consegnando a tutti i partecipanti una dispensa in inglese.

La lezione è iniziata con una contestualizzazione storica e geografica per ripercorrere la formazione della scuola Mino e ha proseguito spiegando che Kinjū è noto come uno dei “Masamune no Jutetsu” ma ha evidenziato la difficoltà dell’utilizzo delle fonti, in particolare quelle antiche, frequentemente in contrasto tra loro e dunque non sempre affidabili. Infine ha mostrato esempi del suo stile. Per l’occasione erano esposte due opere attribuite a Kinjū ed entrambe classificate Tokubetsu Hozon.

  • Katana, attribuzione: Den Kinjū (ginzōgan mei: Kusarinawa). Si tratta di una katana con ō suriage, bo hi atobori su entrambi i lati. La hada è un ko itame con masame, presenza di chikei. Hamon ko gunome in nie deki con alcuni ara nie, ashi, kinsuji e sunagashi. Midare bōshi con ko maru e kaeri di media lunghezza, chū kissaki un po’ allungato. Markus Sesko sostiene che “Kusarinawa” significa letteralmente “corda di paglia marcia” e indica la nitidezza di taglio della lama. Tuttavia, Kusarinawa significa anche “corda a catena”, una tecnica di intreccio che rende molto resistente una semplice corda, che può essere rilasciata immediatamente con un colpo di polso, simile ad alcuni nodi marinari. Poiché Kusarinawa è stato scritto in katakana, non è possibile un’interpretazione esatta. Tuttavia, il riferimento alla capacità di taglio parrebbe evidente.
  • Wakizashi, attribuzione: Kinjū (mumei). Si tratta di un wakizashi ō suriage, nagasa 51,4 cm, sori 0,8 cm, motohaba 2,8 cm, sakihaba 2,4 cm e kasane 6 mm. Chū kissaki allungato tipico del periodo Nanbokuchō, doppio hi atobori su entrambi i lati. Hada densamente forgiata in ko itame misto a ko mokume, senza masanagare, presenza di ji nie e fini chikei. Hamon ko gunome con carattere tsurete in ko nie e nioiguchi profondo. Yakigashira arrotondati, tagliati da kinsen (kinsuji) e sunagashi. Midare bōshi yakitsume.

Il pomeriggio è continuato con l’evento più importante della giornata: il Kantei Kai. Questo è stato guidato in maniera esemplare da Eckhard Kremers e da Dieter Kraft, i quali hanno spiegato le modalità e i tempi (2 minuti al massimo, cronometrati, per osservare ogni singola lama) del kantei; dopodiché abbiamo avuto modo di esaminare 10 lame, con nakago coperto, tentando di fare un’attribuzione, ossia cercando di identificare il periodo, il luogo, la scuola e infine l’autore delle lame proposte. Chiaramente non è un esame semplice da fare data la naturale difficoltà dell’esercizio, il poco tempo a disposizione per osservare ciascuna lama e anche l’emozione di poter studiare importanti lame con classificazione Tokubetsu Jūyō Tōken e Jūyō Tōken.

Secondo il metodo classico e tradizionale, l’analisi procede con l’osservare innanzitutto il sugata (la forma generale della lama) che si è evoluto in base ai cambiamenti storici e culturali del Giappone e quindi può permettere un primo inquadramento cronologico, passando attraverso l’apprezzamento del sori (la curvatura), il controllo del funbari (la rastremazione alla base della lama, se presente), la forma del kissaki (la punta); in seguito vengono analizzati la hada, l’eventuale utsuri ed infine lo hamon.

Prendere appunti e/o fare schizzi di quanto osservato può essere di grande aiuto mnemonico; è sempre importante tentare di individuare i kantei point, ossia gli elementi tecnici e stilistici peculiari di un determinato autore, quindi le peculiarità caratteristiche che, collegate assieme, aiuteranno nella determinazione dello specifico forgiatore. Indipendentemente dal risultato, la pratica del kantei permette d’imparare sempre qualcosa di nuovo e, se avremo preso appunti, ci rimarrà materiale da riesaminare negli anni a venire. Cogliere ogni occasione del genere permette, col tempo, di formare una buona base e così potersi divertire studiando.

Le lame oggetto del kantei sono state:

  • Kaiken, kinzōgan mei: Gō Yoshihiro. Tardo periodo Kamakura/inizio Nanbokuchō. Scuola Sōshū.
  • Tantō, mei: Heianjō jūnin Tadakuni. Lama verosimilmente utsushi di Rai Kunimitsu. Forgiata in Heianjō, oggi Kyōto, all’inizio del periodo Edo (1620-1640).
  • Tantō, mei: Heianjō jūnin Tadakuni. Lama che vuole ricordare un tantō di scuola Mino Kanemoto (forse non letteralmente un utsushi). Forgiata in Heianjō, oggi Kyōto, all’inizio del periodo Edo (1620-1640).
  • Tachi, mei: Norinawa. Rara lama ubu di scuola Ko Ichimonji del tardo periodo Heian, inizio Kamakura.
  • Katana, attribuzione: Rai Kunitoshi (mumei). Tardo periodo Kamakura (inizio del XIV sec.), provincia di Yamashiro.
  • Katana, kinzōgan mei: Rai Kunimitsu – Hon’a + kaō. Tardo periodo Kamakura (inizio del XIV sec.), provincia di Yamashiro.
  • Katana, attribuzione: Den Unji (mumei). Tardo periodo Kamakura (1310-1320), provincia di Bizen.
  • Tachi, mei: Nobukuni. Tardo periodo Nanbokuchō (1360-1390), provincia di Yamashiro.
  • Katana, mei: Awataguchi Ōmi no Kami Tadatsuna. Periodo Kanbun (1661-1673), tradizione Ōsaka Shintō.
  • Katana, mei: Bizen no Suke Fujiwara Munetsugu. Tardo periodo Edo (datata 1860), provincia di Bizen.

Al termine del Kantei Kai si è tenuto un dibattito, guidato da Eckhard Kremers e da Dieter Kraft, dove ciascuno di noi ha potuto esprimere un suo parere su quanto osservato, fino a giungere alla conclusione esatta. È stata un’esperienza molto istruttiva: le lame osservate, alcune delle quali particolarmente insidiose, hanno dato nuovi stimoli per lo studio. Ci auguriamo che ci possano essere presto altre opportunità analoghe.

Parallelamente all’esposizione delle lame del kantei, sono state proposti altri oggetti da poter studiare col nakago in bella vista. In particolare:

  • Katana, attribuzione: Ryōkai (mumei). Tardo periodo Kamakura (inizi del XIV sec.), provincia di Yamashiro.
  • Katana, attribuzione: Bizen Kageyasu (mumei). Inizio del periodo Kamakura (1220-1240), provincia di Bizen.
  • Katana, attribuzione sul sayagaki: “Masamune” (mumei). Lama esposta su nostra richiesta, presumibilmente attribuibile ad un artista di Scuola Sōshū del medio/tardo periodo Muromachi.
  • Katana, mei: Hizen no Kuni Tadayoshi. Primo periodo Edo (1598-1624), provincia di Hizen.
  • Wakizashi, mei: Izumi no Kami Fujiwara Kunisada (Oya Kunisada). Primo periodo Edo (1623-1652), tradizione Ōsaka Shintō.
  • Katana, mei: Kawachi no Kami Kunisuke (1a generazione). Periodo Kanbun (1661-1673), tradizione Ōsaka Shintō.
  • Katana, mei: Kawachi no Kami Kunisuke (2a generazione). Periodo Kanbun (1661-1673), tradizione Ōsaka Shintō.
  • Tachi, mei: Sesshū Ōsaka jūnin teishitsu gigei’in Gassan Sadakazu – gyōnen hachijūsai + kaō (1915).

Le ore a disposizione sono passate molto velocemente e naturalmente non ci è mancato di fare anche qualche chiacchera con amici che non rivedevamo da tempo e di approfittare di un ottimo catering.

Per concludere la giornata nel migliore dei modi, dopo le foto ufficiali, siamo andati tutti assieme a cena in un ristorante italiano nei pressi del centro di ricerca.

Siamo rimasti tutti molto contenti e soddisfatti della giornata, oltre che onorati di essere presenti.

Domenica 26 ci siamo recati presso la nuova sede del Samurai Museum Berlin (Auguststrasse 68 10117 Berlin): https://www.samuraimuseum.de/en/

La prima cosa da dire è che l’allestimento del museo è davvero sorprendente. È vero, l’impatto iniziale può essere leggermente sconcertante, dato che ogni volta che si prova a mettere insieme cultura e tecnologia si rischia un “effetto Disneyland” e, quando il soggetto è il Giappone dei samurai, il rischio è doppio. Invece, in questo caso, abbiamo avuto il piacere di ammirare un allestimento che riesce a mantenere un ottimo equilibrio tra intento didattico e voglia di coinvolgere i visitatori con qualcosa di più che semplici pannelli informativi. E, tutto questo, senza finire in un “parco dei divertimenti”. Francamente ci ha impressionato!

La collezione conta innumerevoli armature e kabuto di altissimo livello, lame con classificazione Tokubetsu Jūyō Tōken e Jūyō Tōken (le più importanti, in realtà, erano momentaneamente assenti perché proposte per il Kantei Kai), tsuba e fornimenti a partire dal periodo Kofun (degne di nota le opere maestre di Nobuie, Kaneie, Umetada, Yamakichibei, Omori Teruhide e della scuola Higo) e Tenshō koshirae.

Il lavoro didattico inserito nei pannelli interattivi è veramente notevole; ricorda lo splendido allestimento con pannelli interattivi del Sumida Hokusai Museum di Tōkyō ma, a differenza di quello, il materiale contenuto nei numerosi pannelli, in questo caso, è praticamente venti volte superiore.

Vi sono proiezioni teatrali e musicali veramente belle e coinvolgenti, così come sono presenti numerosi accorgimenti tecnici, come un’armatura rotante e l’illuminazione selettiva.

Abbiamo trovato davvero ottima la scelta di inserire anche alcuni “oggetti di utilità” e non prettamente bellici, richiamando la memoria delle antiche collezioni etnografiche ma in un contesto del tutto moderno e dinamico. Abbiamo apprezzato molto la sezione che spiega cos’è la “svastica”: una scelta molto coraggiosa, soprattutto in Germania e in una città come Berlino. Inutile menzionare la sorprendente qualità dei reperti. Saremo potuti restare due giorni interi, andando su e giù, girando come bambini in una fabbrica di caramelle.

In conclusione, crediamo che questo tipo di allestimento possa essere preso a modello, perché una piccola dose d’intrattenimento “intelligente” può sicuramente favorire una maggiore attenzione su un tema complesso, soprattutto da parte dei più giovani. Purtroppo bisogna ammettere che, anche in Giappone, gli allestimenti delle mostre più importanti di Tōken sono talvolta antiquati e di difficile comprensione.

Galleria fotografica del Museo: