Incontro primaverile
a cura di Gianluca Venier e Francesco Marinelli
Sabato 14 Aprile si è tenuto il primo incontro Kanshō del 2018, presso la Casa Guidi di Sesto F.no (FI).
Durante la mattina si è tenuta una conferenza, a cura di Massimo Rossi e Gianluca Venier, divisa in due parti. Nella prima parte è stato affrontato un percorso di ampio respiro sul tema dei cambiamenti sociali e culturali che si sono verificati in Giappone nel corso della sua storia, a partire dal periodo Heian fino alla Restaurazione Meiji.
La spada giapponese, con i suoi notevoli cambiamenti di forma ed aspetto che si sono resi evidenti nel corso dei secoli, è sempre stata figlia della cultura del periodo storico che l’ha prodotta, per questo è stato istruttivo provare a ripercorrere ed analizzare i momenti di grande cambiamento politico e sociale che hanno determinato il succedersi di committenze molto diverse tra loro, il modificarsi delle tecniche d’impiego sul campo ed il mutarsi del ruolo stesso della spada (e della figura dei forgiatori) di pari passo coi mutamenti della società cui è appartenuta.
L’excursus storico si è fermato al periodo della Restaurazione Meiji per introdurre, nella seconda parte della conferenza, gli oggetti presentati per l’esame diretto, che sono stati selezionati per periodo storico; nello specifico, circoscritti al 1800.
Questi gli oggetti esposti:
Ko wakizashi hirazukuri, mumei. Attribuito a Naokatsu (metà del 1800)
Nagasa: 34,5 cm
Sori: 0,58 cm
Motohaba: 3,08 cm
Kasane: 0,75
Questo ko wakizashi hirazukuri, con iori mune, è attribuito a Naokatsu, figlio adottivo di Naotane e forgiatore molto apprezzato del periodo Shinshintō, attivo a cavallo delle ere Tenpo (1830-44) e Kaei (1848-64). La hada è costituita da mokume misto a ōitame e masame ed è ben visibile. L’hamon è su base notare, misto a midare e gunome. Il nioiguchi è brillante e ricco di nie. Vi sono kinsuji e muneyaki. Il bōshi è ko maru, kaeri fukai.
La lama è corredata di un origami Tokubetsu Kicho e di un sayagaki di Sato Kanzan.
Katana shinoji zukuri, firmata Dōtanuki Muneharu, datata Kaei 4 (1852)
Nagasa: 71 cm
Sori: 1,9 cm
Motohaba: 3,1 cm
Sakihaba: 1,75 cm
Motokasane: 0,7 cm
Sakikasane: 0,4 cm
Dōtanuki Muneharu è il figlio di Enju Tarō Munehiro, uno dei migliori esponenti della scuola Dōtanuki nel periodo Shinshintō. Un buona parte delle lame prodotte da Munehiro e la sua linea mostra uno stile che rievoca quello Bizen del periodo Oei, sia per quanto riguarda il sugata sia per l’aspetto della hada e le tipologie di hamon. In questo caso però la lama mostra uno stile che potremmo definire “eclettico”, tipico del periodo, in cui si mescolano assieme diverse tipologie stilistiche. Il sugata mostra un netto koshizori ed un monouchi abbastanza diritto, secondo i modelli più antichi, con chu kissaki allungato. Vi è un notevole funbari e la differenza tra motohaba e sakihaba risulta esasperata, addirittura superiore a quella che mediamente si trova nelle lame antiche. La hada è interamente composta da mokume compatto e ben visibile ed il metallo ha un aspetto brillante. Sul lato omote vi è un chiaro midare utsuri. L’hamon inizia con un midare koshiba lungo circa 6 cm, poi diviene suguha di media altezza, che si alza nei pressi dello yokote. Vi sono molti piccoli ashi, talvolta di tipo saka. Il bōshi sul lato omote è sugu, komaru; su lato ura è quasi ichimai.
Tsuba firmata Naoaki (seconda metà dell’800)
Nobuie utsushi firmata Naoaki (kaō), allievo di Naokatsu (forgiatore, figlio adottivo di Naotane). Il tema rappresentato è kikka, “guscio di tartaruga”, con quadrati in rilievo. La patina è lucida, color cioccolato e dall’aspetto “sciolto”, che dona un tipico carattere wabi-sabi. La tsuba è corredata di origami N.B.T.H.K.
Dimensioni: 76,5 x 71
Spessore: al mimi 0,5 cm, al seppa dai 0,3 cm
Wakizashi shinogi zukuri, firmato Ichi Joshi Tadakuni (Tenpō Jidai, c.a 1844) con Higo koshirae
Nagasa: 39 cm
Sori: 0,8 cm
Motohaba: 3 cm
Sakihaba: 2,05 cm
Motokasane: 0,6 cm
Sakikasane: 0,5 cm
Questo Tadakuni è l’esponente di ottava generazione di una linea di spadai nata nella provincia di Inaba nei primi decenni del 1600. Tadakuni shodai (1576-1650) è stato allievo di Dewa Daijo Fujiwara Kunimichi, della scuola Horikawa, e si è spostato nella zona di Inaba (Tottori) dopo l’apprendistato. In seguito la scuola si è divisa in due rami, uno che ha seguito la linea diretta di Tadakuni ed un altro che ha seguito quella di Kanesaki (forgiatore di Mino trasferitosi ad Inaba). E’ interessante notare come questo particolare forgiatore abbia utilizzato, nella mei, lo stesso carattere Kuni utilizzato dallo shodai, probabilmente come segno di rispetto e di appartenenza alla principale linea di discendenza.
Il nagasa di questa lama è ridotto e le dimensioni generali sono in linea con la tipologia dei ko wakizashi shinogi zukuri del periodo. La hada è ko itame piuttosto compatto, abbastanza visibile. L’hamon mostra yakidashi, fujimi midare e kobushigata chōgi conferendo nell’ insieme un aspetto pittoresco e decorativo. Il bōshi è suguha con komaru e leggero hakikake.
La lama è corredata di uno splendido Higo koshirae con kodugu en suite, caratterizzati dalle loro forme morbide.
Jumonji Yari, firmata Tohi Shinryō eiko saku (c.a 1814)
Ha watari: 18,2 cm – 13,4 cm
Shinryō fa parte di una linea di forgiatori attiva nella provincia di Hizen a partire dall’era Tenna (1681-84).
Shinryō shodai, nel 1680, si spostò da Hirato (in Hizen) ad Osaka, dove diventò allievo di Inoue Shinkai. Alla morte del maestro, nel 1682, rientrò a Hizen al servizio del clan Matsuura; prevedibilmente, molte spade di questo autore mostrano un evidente stile Osaka Shintō.
Questa jumonji yari è stata molto probabilmente realizzata dall’esponente di sesta generazione di questa linea di forgiatori che porta lo stesso nome, attivo nell’era Bunka (1804-18).
La hada è molto compatta con una notevole presenza di masame, com’è normale in tutte le lame con questo tipo di sugata (come pure nei ken). L’hamon è suguha con ko nie. Vi sono piccoli sunagashi e kuichigaiba ed il nioiguchi appare sottile e brillante.
Itomaki no Tachi Koshirae, probabile scuola Kano (fine ‘800)
Questa tipologia di koshirae risale al periodo Kotō e rappresenta una delle montature tipiche della spada utilizzata a cavallo. Nei tempi in cui era previsto un concreto uso sul campo la saya di questi koshirae poteva essere dotata di una protezione supplementare contro gli urti in pelle di tigre (shirizaya) oppure poteva essere interamente ricoperta in cuoio (kawatsutsumi). Si tratta di un tipo di montatura sempre riccamente decorata, con i mon di famiglia realizzati in makie sulla saya e, dal periodo Edo in poi, viene impiegata fondamentalmente per scopi cerimoniali e di rappresentanza. Gli itomamaki no tachi koshirae d’epoca storica rimasti integri sono rarissimi mentre sono relativamente più reperibili quelli realizzati dalla fine del ‘700 in avanti, alcuni dei quali possono recare fornimenti metallici in oro massiccio. Nel periodo Meiji sono stati realizzati diversi esemplari di itomaki no tachi koshirae recanti i mon imperiali, il kiku a 16 petali e la paulownia, verosimilmente come dono simbolico per quegli esponenti dei grandi clan giapponesi i quali, dopo l’abolizione dei titoli nobiliari, entrarono a far parte del nuovo governo presieduto dall’Imperatore.
Il koshirae esposto appartiene molto probabilmente a questa categoria e mostra una fine lavorazione delle parti metalliche, che sono in shakudo, con un nanako di alta qualità e parti dorate realizzate mediante un particolare tipo di zōgan. Il colore e la finitura della lacca impiegata per la saya è leggermente differente rispetto a quello più consueto e mostra grande somiglianza con quella di alcuni koshirae realizzati da Kano Natsuo , compreso quello celeberrimo, realizzato nel 1872, per “rivestire” la chokutō imperiale Ryusuiken. Questo elemento, assieme alla qualità complessiva della lavorazione, portano a supporre che questa montatura possa essere stata realizzata a Edo, alla fine del 1800, nella bottega di Kano (in cui vi erano, nel 1890, più di 60 lavoranti).
Benchè la saya sia lunga 76 cm lo spazio interno è su misura per accogliere una lama di appena 62 cm. Nel caso specifico si tratta di una lama Kotō suriage ma non è raro che in questo tipo di montatura vi siano lame ubu coeve, ossia realizzate alla fine dell’800, che mostrano comunque l’aspetto delle lame di Corte più antiche (piccole, sottili ed eleganti) a conferma del preciso significato simbolico che questa tipologia di oggetti rappresentava in quel particolare periodo storico.
Questo koshirae mostra evidenti segni di uso ma non è facile stabilire in quali occasioni possa essere stato effettivamente impiegato. Le fonti iconografiche, stampe e fotografie dell’epoca, rappresentano perlopiù eventi ufficiali nei quali si vede come tutti i grandi funzionari di governo, Imperatore compreso, vi presenziassero indossando uniformi e spade di tipo militare, le quali seguivano lo stile tipicamente occidentale in voga nel periodo. Tuttavia vi sono fotografie e ritratti ad uso privato che raffigurano talvolta il capofamiglia, o il primogenito, in abiti tradizionali e spade con koshirae classici. Un altro evento che poteva prevederne l’uso era il Daimyō no Gyōretsu, una sorta di “parata storica” (che si tiene tutt’ora annualmente in varie località del Giappone) che, durante il periodo Meiji, si svolgeva nel quartiere di Ginza a Tōkyo e rievocava il corteo dei daimyō che, ai tempi del bakufu, ogni anno venivano nella capitale a rendere omaggio allo shōgun (oltre a lasciarvi qualche membro della famiglia “in ostaggio”, in modo da vanificare ogni eventuale progetto di ribellione). I partecipanti alla parata vestivano abiti, armature e spade tradizionali e recavano con sé anche guardie, servi e tutti i bagagli che sarebbero serviti per un vero viaggio. Nei documenti dell’epoca si racconta come questo fosse uno degli eventi cittadini più importanti e che fosse seguito, ogni anno, da un grandissimo pubblico.
Fuori dal contesto del tema della conferenza è stata presentata una lama che è stata donata alla INTK, già qualche anno fa, da Yoshindo sensei come pegno di amicizia e stima nei confronti della nostra associazione. Si tratta di un oggetto che molti di noi già conoscono bene ma che ci onoriamo di esporre periodicamente, in quanto patrimonio di tutta la nostra comunità.
Wakizashi hirazukuri, fimato Kokaji Yoshindo Tsukuru kore, datato Heisei ju nana nen yon gatsu kitsu jitsu (un giorno fortunato del quarto mese del 17° anno dell’era Heisei, Aprile 2005)
Nagasa: 46,2 cm
Sori: 0,85 cm
Motohaba: 3,75 cm
Motokasane: 0,71 cm
Questo wakizashi mostra un sugata hirazukuri piuttosto ampio, con iori mune e bō hi. La politura è stata realizzata dal togishi mukansa Takaiwa sensei, in uno stile sashikomi che enfatizza l’hamon in midare gunome misto a chōji e togari, con ko nie. Vi sono ko sunagashi, inazuma, kinsuji, ashi, saka ashi e tobiyaki. La hada è un ko mokume molto compatto e si nota un vivido utsuri. Il bōshi è in midare komi con kaeri fukai.
Nel pomeriggio (anche quest’anno ringraziamo i volontari della struttura di Casa Guidi per l’ottimo pranzo che ci hanno preparato: un mix di sapori tipici toscani e di Amatrice!) si è aperta, come da programma, l’assemblea dei Soci in cui si è discussa e poi approvata la revisione dello Statuto (che potrà essere visionato a breve online, nella sezione dedicata).
A seguire si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo.
Questi gli eletti:
Presidente: Gianluca Venier
Segretario Generale: Massimo Rossi
Vicepresidente: Vittorio Donanzan
Consigliere: Stefano Verrina
Consigliere: Renato Martinetti
Consigliere: Luciano Ciaperoni
Consigliere: Francesco Marinelli
Un ringraziamento particolare ai Soci che hanno presenziato alle elezioni e a coloro i quali, non potendo essere presenti di persona, si sono premurati di inviare le loro deleghe. La percentuale di votanti è stata particolarmente alta, come pure i candidati al ruolo di consigliere; contiamo che questa rinnovata partecipazione sia il preludio per un più forte spirito di condivisione di studio e di esperienze, nel campo che ci appassiona.
Grazie a tutti !
Galleria fotografica:
(scatti di Francesco Marinelli, Enrico Ferrarese e Marco Pingitore)