(Evento a cura di Gianluca Venier e Simone Di Franco di I.N.T.K.)
“Tra le spade realizzate in Giappone nel corso di mille anni ve ne sono alcune assolutamente particolari e preziose, denominate meibutsu.
Il termine significa letteralmente “speciale” ed è riferito a qualcosa che rappresenti il carattere specifico di una tradizione ma che, allo stesso tempo, abbia colpito in maniera permanente la fantasia e la memoria popolare.
Le spade meibutsu, infatti, non soltanto sono state realizzate dai più importanti forgiatori del loro tempo ma portano con sé il ricordo di eventi memorabili, leggendari o reali, di cui sono state protagoniste. E, come elemento distintivo, hanno un “nome proprio” con cui vengono ricordate e che le distinguono da tutte le altre. I nomi sono epiteti popolari che fanno riferimento a una particolare storia o a un possessore famoso della spada, oppure a una qualche caratteristica materiale o simbolica. Come ad esempio la “Daihannya” di Nagamitsu (forgiatore di Bizen), il cui nome evoca sia il valore oggettivo della lama (calcolato in 600 kan nel 1400) sia il Dai Hannya Kyo, ossia il “Grande Sutra della Saggezza” (Prajnaparamitasutra) che è scritto su 600 rotoli di carta.
Le meibutsu sono state possedute dai più importanti personaggi politici della storia del Giappone, sin dal periodo Heian (794-1185 d.C.). Sono state tramandate per generazioni e sono passate, spesso come omaggio, tra le più influenti famiglie del Paese.
Ripercorrere brevemente la storia di queste spade offre l’occasione per accennare ad alcuni degli eventi più significativi della storia giapponese, come pure ad alcuni dei personaggi più famosi. Ma offre anche lo spunto per narrare vicende ed aneddoti (talvolta ironici, talvolta macabri) che sono entrati nella memoria popolare dei giapponesi.”
Ringraziamo l’utente del forum Guascone per il resoconto.
La conferenza ha avuto inizio alle ore 18.00 nella Sala Conferenze del MAO, in Via San Domenico 11 (TO) ed è stata un’interessante disamina sui più famosi Meibutsu e sulla storia dettagliata di alcuni di loro.
Attraverso il racconto della loro storia è stato dimostrato come il valore di alcuni oggetti, in particolare le spade (e lance), trascende dalla loro natura, acquisendo un valore simbolico o addirittura mistico spesso legato a leggende ad essi attribuite tramandate nei secoli. Alcuni di loro acquisiscono un anima che, con l’uomo come tramite e custode, li rende immortali.
Meibutsu menzionate:
Dojigiri, Mikazuki, Sasanuki, Tonbogiri, Otegine, Nihongo, Oni no Ocho, Daihannya, Kannagiri, Monoshizao.
Per mezzo di questa analisi, è stato spiegato come le lame sono diventate per i giapponesi un simbolo che ha permesso la loro preservazione fino a farle arrivare ai giorni nostri come se fossero state forgiate ieri.
Al termine della conferenza durata circa un’ora, siamo poi saliti nella sala del MAO dove sono esposte alcune lame e koshirae. Sono ancora stati spiegati alcuni aspetti della loro realizzazione e sulle differenze dei loro stili.
Tra le lame esposte è stato per me un enorme piacere vedere una Sukesada leggermente antecedente alla mia come periodo storico.
Galleria fotografica, scatti a cura del MAO:
Allestimento della nuova teca e pulizia della lama a cura del nostro socio Renato Martinetti al MAO di Torino.
Foto di Giorgio Movilli, Andrea Fantuzzi, Manuel Coden e Francesco Marinelli
Organizzata a latere dei mondiali di Kendō novaresi, ha riscosso il favore del pubblico la splendida mostra di lame antiche e di antiche armature giapponesi, organizzata dalla I.N.T.K. (Itaria Nihon Tōken Kyōkai – Associazione italiana per la Spada Giapponese) in collaborazione col Comune di Novara e con la CIK – Confederazione Italiana Kendō, dall’interno del salone dell’Arengo del palazzo del Broletto di Novara, un edificio del XIV secolo nel centro città con un grandissimo cortile dove è stata organizzata, sempre a cura della I.N.T.K. una “perla” ovvero il “sunobe”, l’allungamento mediante calore e martello, di una katana da parte di sensei Yoshindo Yoshihara.
Ma andiamo con ordine, la mostra si apriva con un bellissimo colpo d’occhio sull’ampio e storico salone, interrotto da modernissime strutture in acciaio come separatori di spazi, con una armatura antica affiancata da una armatura da Kendō a significare come dalla via militare alla via sportiva il passo sia stato breve e come lo sport di oggi sia diretta emanazione dell’arte guerriera di un tempo. Nelle varie teche, tra splendide armature antiche, si potevano osservare elmi e menpo (maschere di ferro da indossare con l’elmo che avevano il triplice obbiettivo di terrorizzare il nemico, di proteggere in volto e di funzionare come il sottogola dei caschi moderni) foderi, saya, di spade e tsuba, la guardia della katana, vere opere d’arte miniaturistica ed orafa, e ben quarantaquattro lame che andavano dalla seconda metà del trecento fino ai giorni nostri. Le spade, lunghe come le katana ed i tachi, medie come i wakizashi, e corte, i tantō, erano divise in varie vetrine illuminate in modo da rendere estremamente godibile la bellezza e la tecnica di forgiatura delle spade stesse rendendo facilmente leggibile la hada, la tessitura dell’acciaio forgiato con molte ripiegature a dare una struttura del metallo composta di migliaia di strati che costituisce la firma dello spadaio in quanto ogni scuola ed ogni artista forgiatore aveva il suo modo di ripiegare e martellare il metallo nella forgia a dare dei disegni che ricordano le venature del legno.
16 lame “antiche” Kotō (fino al 1596), 16 “nuove” Shintō (1596-1781) e 8 “nuove nuove” Shinshintō (1781-1876) ed 8 “moderne” Gendaitō (il suffisso tō vuol dire appunto spada, Ko è antico, Shin è nuovo e così via) erano accompagnate da 4 lame prodotte ai nostri giorni dal maestro Yoshindo Yoshihara, tesoro vivente della prefettura di Tōkyō e uno de massimi esponenti dell’arte della forgiatura della spada oggi attivi.
Se non siete riusciti a visitare la mostra eccovi un video realizzato a livello amatoriale, ma che speriamo sia venuto abbastanza bene, essendo completamente “first shot” .
Tra le vetrine e i cartelloni, il nostro Simone Di Franco spiega gli aspetti principali della spada giapponese e svela qualche piccola chicca sui pezzi esposti.
In fondo alla pagina potrete trovare la galleria fotografica completa della mostra.
Occasione unica è stata offerta i giorni 19, 20 e 21 Maggio, quando il maestro Yoshindo in un angolo del cortile del palazzo del Broletto ha montato una forgia tradizionale con un mantice costruito in legno e carta dotato di due sportellini sempre lignei di presa dell’aria che si chiudevano con un caratteristico tic… tic che cambiava al ritmo imposto dal maestro per aumentare il calore nella forgia.
Circondato da una vera e propria folla di curiosi e appassionati il maestro, vestito in abiti tradizionali da lavoro, ha messo nella forgia un pezzo che si era portato dal Giappone già pronto per l’operazione di “sunobe”, ovvero, come già detto, di allungatura e sagomatura della spada. Nella penombra della sera incipiente utile per poter apprezzare meglio il colore del pezzo estratto dalla forgia e per poter così valutare il suo stato di riscaldamento, e nel silenzio quasi religioso degli astanti tic… tic… tic.
Tictictictic ed il pezzo esce incandescente e si posa sull’incudine ed il martello comincia il suo lavoro, sprigionando scintille e piccoli scoppi di acqua con cui è stata bagnata l’incudine per mitigare il suo riscaldamento. E piano piano la spada prende la sua forma con le sue geometrie quasi già perfette!!! Il martello ha la testa asimmetrica ed è assolutamente sbilanciato cosa che gli dona una sorta di maggior precisione e maggior potenza del colpo. L’opera si protrae per un paio di ore accompagnata dalla esposizione delle varie fasi con le spiegazioni per il pubblico a cura di un esponente della I.N.T.K. su indicazioni di un amico del maestro, il sig. Leon Kapp americano e politore di spade; il maestro Yoshindo apparentemente non fa alcuna fatica, ma il si martello pesa almeno 1 chilo e mezzo ed il maestro è vicino ai settanta anni di età e la fine delle operazioni, come da programma, è rinviata alla sera seguente.
E’ domenica ed il pubblico è ancora più numeroso nonostante il tempo non sia dei migliori; con altre due ore di lavoro la katana ha assunto la sua forma definitiva, ma la parte forse più interessante è la sera seguente il lunedì, dove il maestro fa lo yakiire ovvero crea lo hamon, quel particolare disegno presente sulle spade giapponesi che è dato da una tempera differenziata del tagliente e del dorso della lama.
Mentre la forgia si scalda con un tempo infernale sotto un diluvio di acqua a malapena protetta da un gazebo provvidenziale il maestro con grande pazienza stende sulla lama grezza due tipi di argilla refrattaria di diverso colore e spessore e segnando la zona vicino al tagliente con dei tratti dritti, obliqui in un senso o nell’altro che daranno poi il disegno finale che per il momento è presente solo nella mente del maestro.
Dopo una attenta asciugatura la lama è posta nella forgia e ricomincia il tic… tic… tic del mantice mentre il pubblico piano piano cessa ogni brusio e l’oscurità della sera avanza. Tic… tic… tictictitictitic titic sempre più veloce la spada esce, incandescente nell’oscurità magnetica nella sua magia agli occhi di tutti che non sentono più nemmeno la pioggia che continua a cadere, ma il maestro non è contento, la rimette nel fuoco e di nuovo col mantice tic e tic e tic; finalmente la lama esce dalla forgia e con un movimento rapido dopo una minuscola impercettibile sosta in aria entra nell’acqua sfrigolando. Ora cosa accade, nell’acqua la spada si raffredda in modo diverso, prima il tagliente, più sottile e con un refrattario che trasmette la temperatura più velocemente comincia a “tirare” la lama che si piega verso il tagliente, ma subito dopo il dorso della lama il cui raffreddamento è si più lento, ma anche più lungo prende il sopravvento e “tira” la lama dando quella forma caratteristica della spada giapponese. All’interno del metallo la parte del tagliente acquista una struttura martensitica con una sorta di cristallizzazione differente dal dorso, perlitico, e la differenza di queste due zone da il disegno caratteristico dello Hamon. Il risultato finale è una lama elastica per la sua struttura interna, ma durissima sul tagliente, giustamente famosa come la migliore del mondo è la Katana.
Dopo questo passaggio la lama passa alle cure del maestro politore, il togishi, che tratta la lama con pietre particolari di grana sempre più fine ed in circa quindici giorni di duro e continuo lavoro porta la spada allo splendore finale. In questo evento abbiamo avuto il piacere di ospitare anche il togishi Naoki Karita, allievo del famoso sensei Okisato Fujishiro e figlio di sensei Naoji Karita. Anche le lame antiche, prima di essere esposte, passano dal togishi che ne ravviva la superficie ed in tutti i musei del mondo le spade sono così presentate in modo che si possa leggere agevolmente la tessiture, hada, ed il disegno, hamon, creati dall’artista.
Simbolo stesso dello spirito dei Samurai ancora oggi la Katana è quasi venerata, a tal punto che in occasione della nascita della sua nipotina l’Imperatore ha donato alla neonata una bellissima spada.
Queste le immagini della lama temprata in questo evento, successivamente polita da Massimo Rossi:
In fondo alla pagina potrete trovare la galleria fotografica completa dell’esibizione.
In questi tre giorni c’è stata anche la possibilità di assistere a dimostrazioni di politura tradizionale giapponese (togi) su alcune lame antiche da parte del sopra citato Naoki Karita e dal nostro Segretario Massimo Rossi.
Contemporaneamente è stato presentato il nuovo libro del Maestro Yoshihara, Mr. Leon Kapp, e delle loro rispettive mogli, dal titolo “The Art of the Japanese Sword”. Molti partecipanti hanno approfittato per acquistarne una copia autografata.